“Sono una DOC”, mi ripeteva una mamma che in seduta voleva parlare del suo bambino e che non riusciva ad immaginare la gravità del problema quando sono i bambini ad essere vittime di disturbi ossessivi e compulsivi.
Lei si rifugiava in una bella definizione che la rassicurava, mentre contestava con forza che il piccolo potesse soffrire di un disturbo da affrontare in modo sistematico. Il colmo è che le mamme sono proprio le prime ad essere coinvolte dalle richieste continue, assillanti e snervanti dei piccoli.
Esistono quattro tipi di compulsività o di rituali più frequenti nei bambini, che possono apparire sin dall’età di due anni:
- ordine e simmetria;
- contare e verificare;
- lavarsi e pulire;
- mettere tutto a posto.
Tanti pensano che possa essere solo un problema di educazione, ma non è assolutamente così. Ed ecco la mamma costretta a ripetere 10 volte “Ti amo” sull’ultimo gradino della scala prima che vada a scuola, a confermargli che ha detto tutte le sue parole magiche prima di bere, a cambiare ogni giorno lenzuola e asciugamani. Le richieste sono le più varie ed infinite, sia da parte dei piccoli sia da quella dei grandi!
Se il rituale si è interrotto per un motivo o l’altro o se c’è il dubbio che non sia stato perfetto, è tutto da ricominciare. Ho personalmente assistito alla doccia di una ragazza di 15 anni durata esattamente 7 ore dall’ingresso nel bagno. Ho conosciuto un bambino di 10 anni che andava al letto anche alle 02.00 dovendo sempre ripetere i suoi rituali di lavaggio e correndo il rischio che questi venissero interrotti da qualcosa e lui fosse costretto a ricominciare da capo.
Che cosa fare?
Prima di tutto, bisogna evitare di nascondersi la realtà o, peggio ancora, di trasformarla in una qualità eccezionale. A volte, infatti, invece di parlare di mania, si osanna il bambino che è eccezionalmente preciso, dimenticando che l’anomalia è tale quando il rituale diventa sistematico.
La scelta migliore è quella di consultare uno psicoterapeuta, meglio se specialista dell’infanzia e dell’adolescenza. Generalmente, si fa una prima seduta con i genitori per cercare di capire l’origine del disturbo, il livello dell’ansietà familiare, i comportamenti disturbati nell’adulto imitati dal piccolo, le varie paure degli uni e degli altri, per poter capire la serietà del problema.
Successivamente, ci si occupa del bambino con una terapia comportamentale, sostegno indispensabile per un vero e proprio allenamento nella quotidianità. Lo psicologo diventa un coach, si confronta con il bambino e gli fa fare degli esercizi che saranno poi da ripetere in casa. Ad esempio, gli chiede di toccare qualcosa di non pulito (per terra) e di non lavarsi le mani.
A volte si possono cronometrare i tempi necessari per compiere certe azioni e spingere il bambino a cercare di accorciarli per poter fare cose molto più interessanti. L’idea non è di brutalizzare le sue abitudini ma di tranquillizzarlo, abbassando la soglia dell’ansietà che, se non fermata in tempo, va sempre crescendo.
Qualche psichiatra propone per i bambini un leggero antidepressivo specifico che funzionerebbe nella metà dei casi, ma personalmente sono contraria, preferendo l’uso dell’omeopatia per rilassare le tensioni nervose.
Con l’uno o l’altro trattamento (o con entrambi), si può comunque trovare il modo di risolvere il problema; l’importante è che genitori e bambini capiscano che il disturbo compulsivo non è una fatalità, ma un problema da affrontare e trattare.
Lascia un commento