Non risulta sempre facile parlare “davvero” con i nostri figli di argomenti seri ed impegnativi. A volte ci blocchiamo di fronte a certe domande, non trovando le parole giuste o non sapendo fino a che punto approfondire l’argomento.
Questo ci porta immediatamente alla prima regola, essere autentici: i bambini (o ragazzi) percepiscono benissimo il nostro imbarazzo! Rimaniamo noi stessi ed al limite esplicitiamo la nostra difficoltà.
Ma che cosa vuol dire “parlare davvero”? Significa rivolgersi al bambino con la convinzione intima che è un interlocutore capace di capire quanto un adulto. Per questo, ci vogliono quattro condizioni:
- Devo essere convinta di potermi far capire dal bambino, altrimenti rimango “esterna” alle mie parole e queste sono prive di sentimento; ma è quando le parole sono cariche di emozione che il messaggio si trasmette!
- Bisogna scegliere il momento giusto per parlare, quando il bambino ha espresso una sua curiosità ed è, quindi, disponibile ed attento alla risposta.
- Meglio fare uso di termini semplici e comprensibili in funzione della sua età, usare poche parole e non dilungarsi troppo nelle spiegazioni, perché l’attenzione del bambino cala rapidamente.
- Sempre meglio parlare di cose che lo riguardano direttamente o di fare in modo che lui diventi protagonista dell’argomento trattato.
Certi genitori mi chiedono in che modo dire ai figli quello che pensano di loro.
Ciò che ritengo importante è stare molto attenti a non criticare un bambino con la speranza di farlo cambiare. Se gli diciamo “Sei stupido” lui interpreterà queste parole come una totale assenza di stima da parte nostra e sarà sconfortato pensando di esserlo veramente e che per noi non è che una delusione. Di conseguenza, il bambino non avrà la forza di cambiare. Se necessario, si deve criticare quello che ha fatto, i suoi atti, ma la persona non deve essere giudicata. Fargli notare l’atto sbagliato è giusto ma è sbagliato fargli sentire che è lui ad essere sbagliato, perché in tal caso la sua autostima non crescerà mai (problema fondamentale per tanti adulti) e temerà sempre di perdere l’affetto dei genitori.
Non è nemmeno opportuno rivelargli la visione che abbiamo noi dei suoi sentimenti, facendogli notare sistematicamente che sembra triste, allegro, irrequieto solo perché è più trasparente e spontaneo dell’adulto. Rispettiamo la sua intimità, così come desideriamo che sia rispettata la nostra. Aspettiamo che sia lui a manifestare il bisogno di aprirsi.
Un errore frequente che fanno i genitori è quello di confidarsi con i loro figli anche piccoli o di aspettarsi da loro una consolazione: i bambini non sono i nostri confidenti e non devono assorbire le nostre ansie o i nostri malesseri. Ricordiamoci che i bambini sono delle spugne, quindi evitiamo di caricarli. Quante volte ho sentito degli adolescenti dirmi in modo appropriato che sono loro i genitori dei loro genitori; quante volte ho visto adulti con dei comportamenti adolescenziali perché non hanno vissuto questa tappa nel momento giusto, troppo impegnati ad occuparsi o dei genitori o dei fratelli!
Cerchiamo di rispettare i ruoli di ciascuno nel momento giusto.
Proseguiremo questo argomento la prossima settimana.
Lascia un commento