Divorzio, sessualità, malattia: sono tutti argomenti delicati da affrontare con i bambini o gli adolescenti. La settimana scorsa abbiamo affrontato il problema di “parlare davvero” con loro, di farlo sinceramente: ma è necessario anche “parlare chiaro” con loro, con tatto, per non farli sentire angosciati.
Vi sarà capitato di chiedervi se si debba parlare nello stesso modo ad un bambino di 4 anni o all’adolescente di 12 anni. Ebbene, la risposta è sì! Ciò non vuol dire che si dicono per forza le stesse cose, ma che si deve parlare nello stesso modo, cioè credere pienamente in ciò che dite nel momento in cui lo dite ed essere convinti che il vostro piccolo interlocutore recepisce bene e capisce pienamente il vostro messaggio. “Parlare davvero” non significa per forza dire tutta la verità, bensì parlare con autenticità.
Molti genitori si trovano in difficoltà di fronte alla curiosità dei bambini in materia sessuale. I papà, in particolare, demandano spesso alla madre il compito di rispondere a certe domande che creano loro imbarazzo, anche se si tratta di un figlio maschio.
Il dubbio più frequente è: fino a che punto dobbiamo spingere le nostre spiegazioni?
In questo campo, è fondamentale rispettare due regole:
- parlare con delicatezza e pudore, anche in modo allusivo, con il piccolo;
- non rispondere mai ad una domanda con il silenzio o una bugia (ad esempio citando la cicogna o il cavolo!). Ricordo, a tal proposito, di un amico medico che dichiarò a mia figlia di 3 anni che era nata sotto il cavolo. Lei corse nella sua camera, prese un libro di prima educazione sessuale e glielo consegnò dicendo: “Leggi, così puoi imparare“. Ottima è la metafora del seme che il papà depone nella pancia della mamma, perché si vogliono bene e si mettono molto vicini per baciarsi: questo seme cresce e diventa il bambino che esce dalla pancia della mamma, tra le sue gambe. Evitiamo di far fantasticare il bambino sul taglio della pancia, che può succedere ma che non è naturale.
Quando i bambini vogliono informazioni complementari, si risponde loro con chiarezza, perché significa che hanno la maturità per recepire queste informazioni. Bisogna, ovviamente, usare vocaboli, immagini e racconti che siano comprensibili per loro. In tal modo, noi genitori mostriamo di rispettarli.
Spesso, invece, ci creiamo problemi mentre il piccolo non cerca di approfondire un argomento più di tanto. Ciò significa che lo farà più avanti, quando sentirà dai compagni notizie che non gli appartengono ed avrà bisogno di conferme.
Così come abbiamo visto in precedenza, è possibile spiegare ad un bambino cosa sia il mestruo della mamma in modo, che non si spaventi se per caso dovesse vedere del sangue. Ciò vale a condizione che la madre stessa sappia esattamente come funziona e ne possa parlare con la massima semplicità.
A volte, senza dire bugie, è necessario “aggiustare” la realtà per renderla udibile dal bambino. Inutile, ad esempio, dilungarsi sulla violenza che ci circonda: se ci vengono fatte delle domande rispondiamo che, in effetti, esistono delle persone che usano la violenza ma che lui è protetto dai genitori. Facciamo in modo che capisca che ubbidendo alle regole della famiglia non deve temere alcun pericolo.
Nel far ciò dobbiamo essere attenti a non dire mai bugie, men che meno fare promesse che non verranno mantenute e che spesso sono semplici ricatti. Se si usa questo tipo di dialogo il bambino crescerà senza fiducia nei confronti dei genitori e userà con loro lo stesso sistema. L’esempio, infatti, è fondamentale: meglio affrontare un conflitto con il bambino o l’adolescente che mentire per non dover rispettare l’ impegno preso. Minacce e promesse vanno sempre mantenute se vogliamo rimanere credibili per i nostri figli e se vogliamo mostrare rispetto per loro!
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