Quante volte, durante una seduta, mi sono sentita dire questa frase: “Mio figlio non smette mai di farsi male!“. Bambini che si comportano come un terremoto, che accumulano cadute e ferite e ci si aspetta sempre il peggio.
Cerchiamo di capire cosa può generare una tale tendenza.
Ci si può chiedere, inizialmente, se il piccolo possa avere un problema di vista; molto spesso, però, la visita dall’oculista dice il contrario. Anzi, non è raro che il bambino risulti avere la vista di un’aquila. Come spiegare, allora, questa serie di piccoli incidenti che ci tengono sempre in allarme? Vediamo alcune ipotesi.
- Il bambino conosce male il proprio corpo.
Se il bambino è maldestro, soffre senz’altro di una cattiva integrazione del proprio schema corporeo. Non riesce ad avere una chiara rappresentazione del proprio corpo in movimento nello spazio da conquistare: ad esempio, non si ferma in tempo di fronte ad un ostacolo mentre corre. Magari fa fatica anche a coordinare e a far funzionare in armonia ed in modo sincronizzato tutte le parti del suo corpo: non lo vive come un’entità unica ma come pezzi assemblati. Una possibile spiegazione è che non sia stato preso molto in braccio da piccolo, momento in cui si sente come una “palla compatta”, oppure non ha avuto l’occasione di sviluppare liberamente le sue prime esperienze motrici perché frenato da qualcosa o da qualcuno. E’ fondamentale per lui girarsi e rigirarsi, strisciare, sgattaiolare, spostarsi come meglio crede.
Come aiutarlo in questi casi? Anche se ha già 7 o 10 anni, non è troppo tardi! Bisogna, però, chiedere l’intervento di uno psicomotricista che lo aiuterà, ripartendo da zero. Il professionista lo farà strisciare, saltare, arrampicarsi, superare gli ostacoli passandovi sopra o sotto. A voi non rimane che mantenere la stessa disponibilità di fronte ai movimenti del bambino, ma sopratutto di coccolarlo con tanta fisicità.
- Il bambino è arrabbiato
Può darsi, in effetti, che il piccolo sia arrabbiato, senza voler intendere, con questo termine, una rabbia passeggera bensì una certa dose di aggressività che non riesce ad esternare per vari motivi e che rigira contro se stesso. Questo può succedere , ad esempio, dopo la nascita di un altro bébé, per la malattia di qualche nonno, per un trasloco non accettato, per dei problemi tra i genitori o a scuola. Sono tante le possibili ragioni di tale comportamento. In alcune famiglie, ad esempio, non è permesso manifestare le proprie emozioni, esternare il proprio sentimento, ed allora il bambino tiene tutto dentro di sé ed inibisce qualsiasi manifestazione che potrebbe, secondo lui e sulla base di condizionamenti esterni, rompere un equilibrio che sente precario. Ci si deve, quindi, preoccupare se un bambino sembra momentaneamente rasserenato dopo essersi ferito. In questi casi, infatti, si entra nel campo dell’autolesionismo.
Come aiutarlo? Lui non ha coscienza di questo meccanismo. Dobbiamo essere noi ad aiutarlo, verbalizzando quello che succede: “Ti sei fatto male perché sei arrabbiato e non sai dircelo in modo diverso. Non devi farti del male. Cerchiamo di capire insieme come fare per far uscire questa tua rabbia“.
Se vuole sgridare o picchiare la bambola, se desidera che le sue macchinine facciano un incidente, se ritiene di dover organizzare un combattimento tra personaggi vari, lasciatelo fare. Ma sopratutto, ditegli che lui ha il diritto di essere arrabbiato e che, nel manifestarlo, non perderà tutto l’amore che avete per lui; anzi, più lo si conosce più lui si sentirà amato.
La prossima settimana proseguiremo con l’argomentazione delle altre due ipotesi: il bambino è spericolato oppure vuole attirare l’attenzione.
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